Il prefetto della Segreteria per l’Economia, Padre Juan Antonio Guerrero Alves, ha rilasciato un’intervista ai media Vaticani. Intervista nella quale espone i dati del bilancio della Curia Romana nel 2019 e dove esorta il Vaticano all’irreprensibilità e alla trasparenza assoluta, per quanto riguarda le faccende economiche. Soprattutto per rispetto ai fedeli.
Padre Guerrero non è mai stato una persona che si rifugia nelle mezze parole.
E in questa occasione è chiaro nel suo intento: “I fedeli hanno diritto a sapere come usiamo le risorse”.
Nell’intervista rilasciata ai media del Vaticano, il prelato ha esposto i risultati conseguiti dalla Curia Romana nel bilancio del 2019.
Il Prefetto della Segreteria per l’Economia (SPE) dà ragione a chi chiede trasparenza, tra i fedeli, arrivando a dire che la Santa Sede debba essere una casa di vetro. Come, d’altronde, ha più volte esortato il Pontefice.
E la SPE si è prefissata questo obiettivo, dice il padre gesuita, e per raggiungerlo varie azioni sono state già effettuate. A cominciare dal varo di un nuovo codice per gli appalti e la revisione di altre regole. È una strada tortuosa, che va a ledere prassi radicate nel tempo, ma che non può essere procrastinata per rispetto dei fedeli.
Perché la Curia non è proprietaria, bensì custode dei beni che essa ha ricevuto. Questo compito deve essere portato a compimento nel modo più cristallino possibile. E quindi rendere chiaro la natura delle risorse della Curia romana, da dove provengono e per quali scopi vengono utilizzati.
Cosa è la Curia Romana?
Innanzi tutto, comunque, è bene specificare una cosa. Il bilancio presentato si riferisce alla singola Curia romana, e quindi non – come facilmente presumibile – alla Chiesa nella totalità.
Sul bilancio ecclesiastico ricadono, ad esempio, conferenze episcopali e bilanci delle singole diocesi, parrocchie, congregazioni e istituti religiosi, oltre allo IOR, l’Obolo di San Pietro e tutte le varie Fondazioni che collaborano coi singoli dicasteri.
Tutte cose che esulano dal bilancio redatto dalla SPE, che invece riguarda sessanta enti direttamente al servizio del Papa e che lo coadiuvano nel suo percorso di guida della Chiesa e nell’evangelizzazione, comunicazione e promozione delle opere papali.
Oltre all’aiuto alle Chiese in difficoltà, alla formazione del clero e opere che si concentrano nell’educazione del personale ecclesiastico.
Obiettivi
Per tutte queste cose sono necessari fondi, ed è scopo e cura della SPE rendicontarli per poterli giustificare ai fedeli.
Perché le attività della Curia Romana non ricercano profitti, come ad esempio le aziende o gli Stati, né eccedenze. E perciò è giustificato un deficit, ed evitarlo non è l’obiettivo della Santa Sede. Lo spirito è tutt’altro.
Lo scopo di questa rendicontazione è dimostrare che queste spese siano giuste e che si stia facendo di tutto per portare avanti i bisogni della Chiesa, senza ovviamente eccedere negli sprechi in modo che il deficit rimanga sostenibile o che sia adeguatamente finanziato a lungo termine.
Le necessità sono tante, ma la nostra fiducia nella Provvidenza, che agisce tramite la generosità dei nostri fedeli e che ci può aiutare nel portare a compimento il nostro compito spirituale, non è da meno.
Il bilancio della Curia Romana
In ogni modo la si guardi, quindi, la santa Sede non è una grande entità economica. Ci sono state entrate per 307 milioni di euro, mentre le spese equivalgono a 318 milioni, per un disavanzo di 11 milioni.
Il patrimonio netto della Curia rimane comunque intorno ai 1400 milioni di euro, e fa impressione pensare che ci siano molte high school, negli Stati Uniti, che hanno un volume d’affari ben superiore a quello che il Vaticano ha indicato nel 2019.
Nello specifico, le spese si possono dividere in tre blocchi distinti. L’asset management è di 67 milioni, corrispondente al 21% dei costi, inclusi 18 milioni di tasse e 25 milioni spesi nella manutenzione degli edifici.
I servizi e l’amministrazione richiedono il 14% delle spese.
Infine, il restante 65%, è derivante dalle spese di missione, ovvero il cuore del nostro percorso. Tra queste il mantenimento di 125 nunziature e missioni permanenti nel mondo, che richiedono una spesa di 43 milioni, o il mantenimento dei media della Santa Sede, come l’Osservatore Romano, Radio Vaticana e Vatican Media, che si occupano di espandere il messaggio apostolico e di spiegarlo ai fedeli.
Investimenti
Per reggere queste spese sono necessari degli investimenti. E in effetti è grazie ad essi che il disavanzo nell’ultimo anno, come già detto di 11 milioni, è inferiore a quello di 78 dell’anno precedente.
Ovviamente anche la Santa Sede può essere mal consigliata o truffata, come purtroppo capita di leggere nei giornali, ma il nostro fine è di imparare dagli errori e raccogliere l’invito di Papa Francesco, che ci invita ad accelerare la nostra opera, con impulso deciso e occhio preparato.
Ciò è dovuto anche alla maggiore collaborazione presente tra gli enti papali, come noi della SPE, l’ASPA e la Segreteria di Stato. Una collaborazione fatta di competenza, trasparenza e fiducia reciproca.
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