Suor Alessandra Smerilli, nota religiosa economista, ha le idee chiare sul cosiddetto debito ecologico che la popolazione terrestre sta creando negli ultimi 50 anni.
Le preoccupazioni del Papa
Nel corso degli ultimi anni è noto l’impegno del Santo Padre nei confronti della questione ambientale e di tutti i problemi che si stanno venendo a creare per la nostra civiltà.
Preoccupazioni espresse sia nelle ultime encicliche che nei messaggi dei vari Angelus settimanali.
Il Pontefice sta facendo di tutto per attirare l’attenzione sulle conseguenze del debito ecologico.
Che ormai appaiono sempre più inevitabili e che andranno a creare un enorme disagio alle popolazioni.
Specie quella dei paesi poveri o in via di sviluppo che si troveranno, spesso incolpevolmente, a sostenere il peso di scelte altrui.
La preghiera accolta
Nell’intenzione di preghiera di questo Settembre, Papa Francesco invita la rete mondiale di Preghiera a confrontarsi su questi temi.
E pronto è l’intervento di suor Alessandra Smerilli.
Religiosa salesiana e docente di Economia presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, nonché coordinatrice della Tast-force dedicata all’Economia della Commissione vaticana per l’emergenza Covid-19.
L’opinione
L’opinione della religiosa, riporta Vatican News, è che sarebbe un dovere dei paesi ricchi del mondo sentirsi in debito nei confronti dei paesi più poveri.
Che nel corso dei secoli hanno infatti visto depredate e sfruttate le loro risorse naturali. In una serie di azioni che li hanno portato a un disastro ambientale. E che si sono trovati, a sfregio, anche una presa di posizione nulla da parte delle economie più ricche.
Per la religiosa è evidente che, come sostiene il Pontefice, saccheggiando queste risorse si causa un danno irreversibile, un debito ecologico per le prossime generazioni.
Soprattutto alle economie povere dei paesi del Sud del mondo e i quali abitanti sono costretti a una crisi economica senza possibilità di uscita se non la fuga dai loro paesi d’origine.
Le soluzioni
La risoluzione del problema sarebbe la condivisione delle risorse, in modo da permettere alle economie povere di cercare una stabilità. Che porterebbe, quindi, a un equilibrio politico e sociale che, come è ovvio, cagionerebbe vantaggi a tutti.
Invece, “spremendo il mondo come un’arancia”, per usare le parole del Santo Padre, e quindi saccheggiando, depredando e sfruttando fino all’osso la parte debole del globo, si apporta alla società e all’equilibrio ecologico un danno senza limiti di grandezza e tempo.
Danno che già ora risulta quasi completamente insanabile, specie data la scarsa volontà di tutti di correre ai ripari prima del punto di non ritorno che, stando alle speranze del Papa, potrebbe non essere ancora arrivato.
L’impegno, perciò dev’essere pronto e costante. Intervenire “oggi, non domani”.
Smettendola di procrastinare un’azione fin troppo spesso rimandata. Soprattutto dalla maggior parte delle imprese multinazionali che agiscono volendo ignorare la loro responsabilità e vivono frodando anche i governi di appartenenza, appoggiandosi ai paradisi fiscali.
Ciò implica anche la creazione di sistemi di controllo sovrannazionali che, al momento, non stanno realmente funzionando e che regolino tassazione e controlli con una governance che sia superiore a quella dei governi nazionali.
Queste crisi di valori e, soprattutto, ecologiche e economiche sono state esasperate dalla pandemia – sostiene suor Smerilli.
Un collegamento che già il Santo Padre aveva previsto in tempi non sospetti nella sua enciclica “Laudato sii’”, e che hanno ulteriormente accresciuto le disparità socio-economiche sia nei paesi poveri che nelle comunità meno abbienti dei paesi ricchi.
Rischiando addirittura di farci fare un passo indietro rispetto a quando il Pontefice lanciò l’allarme, nel 2015.
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