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Il futuro delle chiese in Svizzera

Lug 22, 2020 | Osservatorio News

Nel dopoguerra in Svizzera furono costruite molte chiese, dotandole di un’architettura più moderna grazie al cemento, in modo da renderle maggiormente resistenti, ma il risultato non fu da tutti apprezzato.
Ciò non di meno la polivalenza di tali costruzioni si è rivelata utile in vari frangenti, come ad esempio nella riconversione degli spazi. 

In un’intervista – ripresa dalla rivista online elvetica “Vocevangelica”, specializzata nella cronaca ecclesiastica svizzera – a Johannes Stückelberger, lo storico dell’arte basilese illustra il progetto, da lui coordinato, che vede gestita una banca dati di questi edifici di culto.

Ogni edificio, chiesa, cappella o monastero della confederazione ha in essa una propria scheda, che illustra anche il materiale col quale è stata edificata e, facendo una ricerca approfondita, si è potuto verificare che la maggior parte degli edifici di culto siano stati costruiti con materiali, come ad esempio il legno, di scarsa qualità e, soprattutto, durabilità, il che li rende non resistenti alle intemperie e al passare del tempo.

Lo scopo della ricerca è quello di rilevare le chiese costruite con una concezione moderna dell’architettura e che possano non essere soltanto viste come luoghi di culto ma, anche, come centri parrocchiali e comunitari, dove su uno stesso tetto si possano svolgere differenti attività come il catechismo, le formazioni per adulti, eventuali luoghi ricreativi come teatri e palestre sportive e che possano avere uno spazio adibito a alloggio per il pastore o prete.

Sostanzialmente, quindi, la banca dati di Stückelberger vuole aprire un dibattito che permetta la rivisitazione della visione delle chiese, riportandole a essere istituzioni utili all’intera comunità, e che vuole spingere verso la riconversione degli edifici in tal senso carenti, cosa che potrebbe essere un’opzione per salvaguardare la vita di questi edifici senza rischiare di perderne lo scopo principale.

Questa revisione porterebbe anche una riduzione dei costi e una riqualificazione degli ambienti, in modo da sfruttare gli spazi secondo le necessità e garantire così un flusso di entrate finanziarie alle comunità proprietarie.
Un piccolo compenso per esse, che dà loro modo di salvare le chiese – in evidente sovrannumero data la grande richiesta che c’era nel dopoguerra e il boom demografico – dalla distruzione. Infatti gli edifici cattolici, rispetto a quelli protestanti, sono di gran lunga più numerosi, soprattutto in città come Berna, Basilea, Zurigo e Ginevra, poiché essere videro un enorme afflusso di lavoratori stranieri che, spesso, provenivano dai paesi cattolici.
Vista l’esigenza dovuta all’immigrazione, e per aiutare le parrocchie più povere, l’organizzazione di aiuto cattolica Sacrificio Quaresimale aveva anche messo a disposizione un fondo per la costruzione di chiese prefabbricate, del quale hanno fatto richiesta anche i membri della comunità protestante.
Questi prefabbricati, però, negli anni hanno poi avuto bisogno di diverse manutenzioni – come per esempio migliorare l’impianto di aerazione. Con scarsa lungimiranza, infatti, non era stato previsto che questi edifici dovessero durare nel tempo, necessità che presto si è dimostrata preponderante dato che in Svizzera, ancora oggi, si contano una quindicina di strutture ecclesiastiche ancora attive costruite che furono costruite in quel modo, frequentate da comunità di fedeli che alla fine si sono ivi stabilizzate.

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